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Concorso per il Complesso Parrocchiale dei SS Patroni Martiri di Selva Candida, Roma, 2000

Il Concorso per il Complesso Parrocchiale dei Santi Patroni Martiri di Selva Candida ha costituito una stimolante occasione per dare forma al progetto pilota di una nuova Chiesa e dei locali annessi, come l'abitazione del parroco e i locali di ministero pastorale.

Ma anche un'occasione altrettanto importante per il fatto di progettare nel territorio Diocesano di una grande città e in un' area quanto mai significativa, una zona tipica della periferia romana: l'area è posta infatti al centro di un tessuto edilizio misto tra spontaneismo e realizzazione di edilizia economica e popolare, a cavallo tra l'abitato di Selva Candida, prevalentemente costituito da case unifamiliari, e Selva Nera, palazzine costruite in zone di 167.

Allora il concorso può essere letto sia nell'ottica propria del committente, ovvero di un progetto pilota utile alla Diocesi di Porto e S. Rufina ed alla CEI, sia al tentativo progettuale di tracciare linee guida per riqualificare la periferia.

"...Il terreno è ben posto proprio a cerniera di due nuclei abitativi ..." tra due inurbamenti socialmente dissimili, uno di nuclei familiari consolidati, conviventi con le famiglie dei figli, l'altro di giovani coppie trasferitesi da poco.

Sono due modi di concepire la città, uno costruito in proprio, a misura delle esigenze personali, uno pianificato e costruito dall'ente pubblico.

E' proprio in relazione a questo tessuto misto e all'idea di cerniera che l'area viene attraversata, nell'invenzione progettuale, da un'asse a 45° quasi ad indicare uno spartiacque immaginario tra i due tessuti abitativi; tra due giaciture, una data dalla minuta scacchiera di Selva Candida, mantenutasi pur spontanea ma ortogonale, l'altra dalla direttrice ruotata di collegamento con la Via di Boccea, lungo cui si è attestato il macroscopico impianto, ugualmente ortogonale, della 167 di Selva Nera.

L'asse di progetto è ideato in modo tale da penetrare nell'area, dal lato di Via Selva Candida e proseguire all'interno del complesso, traccia cosí lungo il cammino un percorso pedonale interno al complesso che consente di giungere dal sagrato fino al piccolo anfiteatro; lo stesso asse viene infine preso a riferimento per ricongiungere gli abitanti di Selva Candida da una parte e di Selva Nera dall'altra, attorno al sagrato della chiesa, ovvero alla piazza comune, per mezzo di due percorsi pedonali contrapposti.

Oltre agli aspetti della riqualificazione del tessuto, il progetto fornisce spunti ed indicazioni a livelli di interpretazioni differenti, come ad esempio alla scala degli spazi interni ed esterni.

Nasce da qui la seconda idea progettuale, quella della griglia ordinatrice; il modulo quadrato si 28 m. di lato, che genera la piazza, la chiesa, il piccolo anfiteatro ed anche il suo sottomodulo di 4 m. di lato che genera il portico, il campanile, la griglia per l'aula, cosí come le rotazioni della griglia generano a loro volta la corte attorno alla canonica, gli spazi liturgici dell'assemblea, come il fonte battesimale.

Allora si può parlare di una spina centrale e diagonale di separazione immaginaria tra l'abitato di Selva Candida e quello di Selva Nera, attorno alla quale ruota la maglia ordinatrice, generando un sistema di piazze, con una sequenza alternata, aperta il sagrato, chiusa la Chiesa, aperto il piccolo anfiteatro.

Anche i materiali scelti sono quelli dell'intorno urbano.

Il mattone, il cemento in vista, i tetto, il campanile, il verde, non sono i materiali urbani eccezionali, ma materiali della quotidianità, che normalmente si osservano per le vie di Roma e che qui vengono posti a contrasto con i due elementi innovativi della periferia, che sono l'anfiteatro e la facciata continua vetrata della chiesa.

Anche per quanto riguarda la pavimentazione l'idea generale è quella di un contrasto immaginario fra il bianco e il nero, la Selva ora bianca e ora nera, ovvero tra l'uso di marmo bianco travertino e l'uso di porfido e/o peperino.

La sequenza della pavimentazione può essere cosí riassunta:

Piazza aperta/sagrato: (pavimentazione in contrasto bianco e nero) travertino per gradoni e sotto gradi della scalinata e per la pavimentazione in piano, cubetti di porfido sampietrini per la pavimentazione pedonale, porticati ed altra pavimentazione a quota depressa.

Piazza chiusa/chiesa: cubetti di porfido che danno l'idea della pavimentazione esterna che entra all'interno, al più, ornati da cubetti di travertino. Il contrasto con il bianco sarà garantito dal travertino o marmo di Carrara bianco per l'ambone, l'altare, etc.

Piazza aperta/l'anfiteatro: potrà essere in peperino anche la gradonata, che meglio s'intona con il verde esterno.

In campo architettonico l'equilibrio tra tradizione e innovazione è inteso come relazione tra gli elementi significativi dell'ambiente urbano (corti, portici, etc.) e la loro riproposizione in termini progettuali innovativi, come la facciata vetrata a contrasto.

L'esterno vuole rendere l'idea progettuale di campi e controcampi, come ad esempio il pronao esterno ed il timpano della facciata d'ingresso, volutamente posto in un piano non parallelo rispetto alla facciata principale, come anche il sagrato, gradonato secondo un allineamento diagonale, a confermare il modulo quadrato di 28 m.

Vuole rendere anche l'idea di unioni e contrapposizioni, come ancora il grande dado quadrato di base della chiesa, largo 28 m. ed altro poco più di 10 m. realizzato in mattoni, sormontato dalla campata a tetto ruotata, che copre lo spazio dell'aula. Il tutto viene armonizzato in una griglia ordinatrice che genera la maglia dell'inventiva e ne controlla la composizione.

Il campanile in mattoni conferma in pianta la rotazione del quadrato e conferisce all'intero complesso quella misura umana qui ricercata in altezze, percorsi, materiali, ambienti interni, come la casa del parroco.

Va anche tenuto presente che tutta l'area è posizionata a diverse quote, con una gradualità verso l'alto a partire dal livello della Via di Selva Candida, gradualità che viene accentuata nel progetto dall'anfiteatro.

I contrasti prospettici dell'esterno prendono risalto dalla linearità ed essenzialità dell'interno, attraverso un percorso visivo mai scontato, tanto che i fedeli accedono all'assemblea con una rotazione tra l'ingresso e la direttrice del'altare.

Tale rotazione consente tra l'altro anche una maggiore riservatezza al sacerdote che non necessariamente deve osservare i fedeli entrare durante la celebrazione.

All'interno si ritrovano i grandi pilastri tondi che erano preannunciati dai piccoli pilastrini di sostegno del porticato: tra i pilastri si trova da un lato la penitenzieria e dall'altro la cappella feriale con la custodia eucaristica, mentre il fonte battesimale è posto proprio vicino all'ingresso ma in relazione visiva con l'altare.

La sensibilità dell'artista si esprime nell'importante contributo alla compatibilità espressiva delle figure sacre con i materiali di progetto, come ad esempio il mattone ed il cemento dei pilastri, riassunto dalla posizione del Cristo, dietro l'altare su un setto in cemento.

Cosí anche la base dell'altare evidenzia l'espressività del gruppo scultoreo realizzato in marmo bianco, a significare la centralità di Cristo contornato dalle figure dei martiri.

Un fascio di luce sorprende i fedeli dall'alto, attraverso un lucernario largo quanto lo spessore di una campata, posto proprio a cavallo del colmo del tetto; lucernario che viene denunciato anche sul timpano esterno e sulla parete retrostante l'altare.

Ma la luce riempie l'assemblea attraverso la trasparenza dalle facciate laterali, vetrate in forma continua, facciate che viste dall'esterno riflettono il verde circostante il complesso.

La luce rinvigorisce gli ambienti ma anche l'immagine della Madonna, posta da un lato vicino all'altare e la Via Crucis, realizzata sempre su un pannello di cemento dal lato opposto dell'immagine mariana tra una campata di pilastri.